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ActionAid

Intervista a Matteo Passini

 

 

 

Andato in onda il: 19/09/2010

 

 

Secondo il rapporto del 2009 sulla fame nel mondo circa un miliardo di persone, una su 7, non ha accesso a una nutrizione sufficiente. Il più alto numero di coloro che soffrono la fame continua a registrarsi in Asia e nell’area del Pacifico (642 milioni), viene poi l’Africa cosiddetta ‘sub-sahariana’ (265 milioni), America Latina e Caraibi (53 milioni) infine il Maghreb e il Medio Oriente (42 milioni).
Uno degli obiettivi del Millennio, stabiliti dall’ONU nel 2000, era dimezzare la percentuale di coloro che soffrono la fame entro il 2015. Eppure è improbabile che sia raggiunto. Non perché il numero di persone affamate stia diminuendo troppo lentamente ma perché, al contrario, sta aumentando.
ActionAid e’ nata 30 anni fa nel Regno Unito, tra le prime ONG al mondo, 75 dipendenti tra Roma e Milano, 45 milioni di budget, solo in Italia. E’ una organizzazione internazionale indipendente impegnata nella lotta alle cause della povertà. Matteo Passini fa parte del consiglio internazionale.


Parliamo di finanza, un tema drammatico ini questi tempi. Lei ha lavorato per Banca Etica per parecchi anni. La finanza può essere etica o, dove c'è profitto, l'etica non entra?

Io penso che nel mondo economico in generale e finanziario in particolare tutto sia legato a come si produce profitto e come si distribuisce. Io intendo la finanza in modo che sia al servizio della persona e dei territori in cui vive, in modo quindi responsabile. Ogni volta che c'è da fare una scelta in campo finanziario non bisogna solo pensare al rischio e al rendimento ma anche alla responsabilità, alle conseguenze che può avere questa scelta per le persone con cui viviamo e il territorio in cui agiamo.

 

Spesso si parla della crisi finanziaria come se esistessero dei gruppi di persone che gestiscono le finanze del mondo. Esiste una sorta di superstato d’interessi finanziari?
Questo è difficile da dire. Possiamo però valutare le conseguenze della crisi finanziaria a livello mondiale e renderci conto di quali siano state le priorità. La crisi provocata dalla finanza ha determinato un intervento, da parte dei governi, pari a 3300 (tremilatrecento) miliardi di dollari in un anno. Questo solo per sistemare il sistema finanziario e bancario. E’ una cifra che noi dovremmo confrontare con i 30 (trenta) miliardi all'anno che basterebbero oggi per sconfiggere la fame nel mondo, secondo un dato fornito dalla FAO. Se mettiamo a confronto i 3 300 miliardi in un anno con i 30 miliardi ci rendiamo conto, aldilà di quelle che possono essere le cause di queste crisi finanziarie, di come vengano gestite le risorse.

 

Lei e’ consigliere nazionale di ActionAid. Com’è nata l'esperienza di ActionAid?
L'impulso è sicuramente legato alla necessità di sostenere i soggetti più deboli nel mondo e quindi i bambini. Il 60-70% delle persone che soffrono la fame sono donne e bambini. Quindi, circa 30 anni fa, Actionaid si occupava principalmente di adozioni a distanza, interventi a favore di bambini, singole famiglie, singole comunità. Negli anni si è trasformato perché oggi l'organizzazione mantiene il sostegno a distanza ma ha come scopo principale quella di sradicare la povertà e l'ingiustizia del mondo.

 

Quanto costa adottare un bambino a distanza?
Costa meno di un caffè al giorno perché sono 25 euro al mese. La gran parte va alla comunità del bambino, una parte, il nostro donatore ne viene informato, è utilizzata per combattere le cause della fame, cercando di lavorare sui diritti, cercando di cambiare la situazione a medio e lungo termine. Non è sufficiente erogare dei servizi e soddisfare dei bisogni urgenti e primari, la cosa più importante è mettere in grado i beneficiari del nostro aiuto di riflettere su quelle che sono le loro azioni, le loro scelte per cambiare la situazione in cui si trovano.

 

Un miliardo di persone che soffre la fame è un numero talmente grande che si fa fatica ad immaginarlo. La vostra campagna dice la fame si può sconfiggere. La domanda è come?
Per esempio sostenendo l'agricoltura locale. Le donne che lavorano nei paesi in via di sviluppo , producono l'80% di quello che viene raccolto però possiedono solo il 2% della terra che coltivano. Pensiamo di poter sconfiggere la fame con piccoli progetti che propongono un modello agricolo diverso da quello delle coltivazioni estesive. Sicuramente la nostra è una politica di piccoli passi, di medio-lungo termine, ma che può dare significativi risultati.

 

Ci sono pero’ anche politiche agricole globali. Ad esempio la scelta di produrre biocarburanti ha avuto un impatto devastante. Secondo la Banca Mondiale, i biocarburanti sono la principale causa dell’aumento dei prezzi degli alimenti e di conseguenza del numero di coloro che soffrono la fame. Che cosa bisogna fare, secondo voi, smettere di produrre biocarburanti?
No. Oggi esistono biocarburanti di generazioni successive e quindi, rispetto alle prime generazioni, speriamo non tolgano terra alla produzione di cibo. Sappiamo comunque che il cibo oggi è sufficiente a sfamare il doppio della popolazione mondiale.

 

Sarebbe sufficiente
Sarebbe sufficiente, certo. Il problema dei biocarburanti è legato anche al consumo di acqua per la produzione. L'impatto ambientale non è facilmente misurabile, ma non siamo così sicuri che il saldo possa essere alla fine positivo per l'ambiente. Quindi: da una parte si sottraggono le terre ai contadini, dall’altra si consumano beni essenziali e limitati.

 

E dunque, per combattere la fame, dobbiamo rinunciare alla politica ecologica? Dal punto di vista energetico cosa pensate che bisognerebbe fare?
Utilizzare le fonti di energia rinnovabile e comunque tutte quelle misure che possono ridurre l'impatto del cambiamento climatico.

 

 

 

L'intervista televisiva e' andata in onda su Raidue- Protestantesimo.

Per richiedere il DVD:

protestantesimo@fcei.it

 

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