Home | Theatre | TV | Reportages | Interviews | Books | Teaching | Contact us | russian

 

Fede e politica:

Incontro con PAOLO FERRERO

 

 

 

Andato in onda il: 08/08/2010

 

 

E’ vero che ha ripreso a lavorare alla regione Piemonte, dopo 15 anni ?
Si’, dall'inizio di maggio ho ricominciato a lavorare part-time alla regione Piemonte.

 

Come fa’ a gestire la sua vita politica, che è piuttosto intensa, con il lavoro a Torino?
Aumentando l'orario di lavoro, diciamo così. Era una scelta necessaria per mantenere il posto di lavoro ma la reputo anche una buona scelta perché tornare a lavorare e fare le cose che fanno tutte le persone normali, tutti i giorni, a me sembra una buona scuola per tenere i piedi per terra.

 

Di lei dicono sempre: " Paolo Ferrero, valdese" come se fosse una qualità della sua persona, un epiteto inscindibile dal suo nome. Che cosa significa per lei essere valdese?
Significa credere in Dio e poi, sul piano concreto, immagino abbia pesato sulla mia personalità, sul senso di responsabilità, sull'attenzione alla democrazia. Non riesco a pensare una politica distaccata dalla morale, dall'etica. Ecco in questo sono “molto valdese”. Immagino, di essere abbastanza rigido sul piano morale, il che non sempre è positivo in politica. Però, mettiamola così, questi tratti di rigidità sono sicuramente il frutto della storia del popolo Valdese, penso siano una risorsa, certo, a volte un ostacolo.

 

Alcuni politici fanno professione di fede in televisione o a mezzo stampa,, talvolta usano la bibbia o la loro fede come se fosse un ascia o un grimaldello.
Penso bisognerebbe evitare di usare il Padre Eterno per giustificare i cavoli propri sul piano politico. E quindi, io credo in Dio ma sono altrettanto convinto che le scelte che faccio siano le scelte di Paolo Ferrero. Non posso chiamare in ballo Dio per giustificare le mie scelte. Credo che la mia fede sia una domanda sulle cose che faccio, mi mette in discussione. Più che essere una garanzia della bontà delle cose che faccio. Io diffido molto dei politici che usano Dio per dire hanno ragione, perché penso che stiano bestemmiando.

 

Come deve comportarsi secondo lei un politico credente, quando si vota per un sì o per un no? Magari i propri convincimenti religiosi ( o la propria chiesa) tirano da una parte e la convenienza politica o il bene comune spingono dall'altra. Lei è stato ministro, come ha risolto questo problema?
In generale questi due elementi non sono sovrapponibili perché le scelte che si fanno sono scelte concrete in cui io avrei difficoltà a dire il Padre Eterno sta di qua, il Padre Eterno sta di là. Indubbiamente la scelta che per me è stata più dolorosa come credente e poi è stata dolorosa per me sul piano personale e sul piano politico è stato quando, da ministro, non mi sono opposto alla guerra in Afganistan. Considero quella guerra un disastro. Per ragioni politiche il Presidente Napolitano aveva detto che se la maggioranza non c'era anche sulla politica estera, saltava il governo. Per ragioni politiche io ho accettato di non oppormi a quella misura. La considero una di quelle cose di cui mi vergogno perché quella roba lì non c'entra niente né con le ragioni per cui faccio politica, né con cosa ho imparato dal Padre Eterno.

 

Il sinodo valdese ha preso delle posizioni piuttosto nette decise, per esempio sul pacchetto sicurezza, sui temi dell'immigrazione. Non ha mancato di dare una visione che in qualche modo sposa quella della sinistra o del centro-sinistra. Questo in qualche modo la condiziona come valdese e come politico?
Diciamo che c'è un comune sentire: l'idea che gli uomini e le donne non siano da mettere in gerarchia secondo il colore della pelle o della fede, ma che invece, per qualcuno siamo tutti figli di Dio, qualcun altro potrebbe dire siamo tutti eguali. C'è l’ idea che noi questo mondo lo dobbiamo condividere e che non possiamo lasciare un futuro decente ai nostri figli con la logica dell'escludere, del separare, del perseguitare. Perché questo, l’abbiamo già visto nel secolo scorso, porta ai più grandi disastri della storia dell'uomo. Quindi con il sinodo valdese c'è un comune sentire di cui sono felice.

 

Si può dire che i valdesi siano una chiesa di sinistra? Qualcuno l'ha detto, da destra ovviamente.
Diciamo che molti valdesi sono di sinistra, io spero che la chiesa valdese riesca a essere fedele all’evangelo.

 

E’ appena uscito un suo libro: "Quel che il futuro dirà di noi" per DeriveApprodi (pp. 154, euro 12,00). Il tema è quello della sinistra di fronte a questa crisi, una crisi che non riguarda solo l'economia, il clima, diversi piani della vita. Ci troviamo in un momento molto delicato, qual è la sua visione?
Per venti anni ci hanno raccontato che bisognava fare i sacrifici per stare dentro la globalizzazione, adesso la globalizzazione è in crisi e ci raccontano che bisogna fare i sacrifici per rispondere alla crisi della globalizzazione. La mia idea è che ci sono dei signori che si stanno arricchendo moltissimo, prima della crisi e durante la crisi , e che la fan pagare ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani. Bisogna organizzare il più possibile un conflitto contro questi ricchi, questi potenti perché altrimenti c'è semplicemente la guerra fra i poveri, si salvi chi può, il fatto che la gente peggio sta e più se la prende con chi sta ancora peggio per cercare di salvarsi. Io vedo nella costruzione di una lotta, che per me è una lotta per il socialismo cioè di un mondo di eguaglianza e di libertà , vedo in questo una necessità oggi. Perché dentro questa crisi vedo una crisi di civiltà in cui l'elemento della guerra fra i poveri, dell'odio, del risentimento, dell'assenza di futuro, di prospettiva, della paura del futuro diventa un elemento di crisi sociale, crisi civile.

 

La laicità talvolta è confusa con il rifiuto di Dio, qual è la sua idea di laicità?
Lo Stato in quanto tale non deve fare discriminazioni sulla base del fatto che uno creda o non creda in Dio o a seconda di che Dio crede. Lo Stato deve essere indifferente in senso positivo rispetto alle credenze delle singole persone. Quindi lo Stato non deve sposare una credenza o l'altra, deve rispettare l’opinione di tutti, quand'anche fosse l'opinione di una persona sola. Qui c'è la vera differenza: lo Stato deve garantire uno spazio pubblico in cui tutti possiamo vivere civilmente, rispettandoci. Ognuno di noi ha le sue credenze, io ne ho di molto forti, ma non vorrei mai poterle imporre attraverso lo Stato.

 

Questo è certamente il punto di vista espresso nella nostra Costituzione: una separazione, ambiti diversi tra Stato e Chiesa, ma le cose sono andate in maniera un po' diversa negli ultimi anni. La battaglia per la laicità è persa?
C'è un potere in questo paese che si chiama Vaticano da cui non sono indipendenti né il centro-destra né il centro-sinistra. Questa cosa é strampalata perché la maggioranza degli italiani, a occhio, non ha le posizioni proposte dal Papa. Però sui temi etici si ritiene di si’. Penso che questo sia un bel danno per l'Italia, perché non rende facile la costruzione di una coscienza civile del paese. E’ come se ci fosse qualcuno che ha il monopolio della coscienza e bisogna allinearsi. Invece, ci sono altri paesi europei dove il dibattito, anche sulle questioni etiche, è più approfondito, più serio, più rispettoso delle persone e produce una crescita maggiore del paese.

 

 

 

 

 

L'intervista televisiva e' andata in onda su Raidue- Protestantesimo.

Per richiedere il DVD:

protestantesimo@fcei.it

 

Per vedere la puntata:

vai alla pagina TV